Liberamente tratto e commentato da articolo di del 31/03/2017 by gavriloBTC
Mentre l’Unione (totalitaria) Europea sta elaborando il miglior sistema per violare la privacy di chi utilizza i bitcoin, in Giappone da oggi la criptovaluta più conosciuta ed utilizzata al mondo diventa un metodo di pagamento legale e riconosciuto ufficialmente a tutti gli effetti. Dopo mesi di dibattito infatti, il legislatore del Paese del Sol Levante ha approvato una legge che ha portato le piattaforme exchanger di Bitcoin sotto l’ombrello dell’ antiriciclaggio (AML/KYC) , categorizzando la criptovaluta come una sorta di strumento di pagamento prepagato.
Il lungo dibattito ha avuto inizio subito all’indomani del crollo di Mt. Gox, l’ ormai defunta piattaforma di scambio Bitcoin più grande al mondo, che chiuse i battenti nel gennaio 2014, dopo mesi di crescenti difficoltà e, alla fine appunto, la caduta in stato di insolvenza e presunta frode.
Secondo la Financial Services Agency del Giappone, la legge che entrerà in vigore da oggi 1 ° aprile 2017, legalizzerà gli exchange con requisiti patrimoniali, di sicurezza informatica e procedure operative migliori e più sicure . Tali exchanger inoltre, saranno tenuti a condurre programmi periodici di formazione dei dipendenti e sottoposti a verifiche annuali.
Tutto ciò sicuramente creerà molto fermento e ulteriore lavoro in questo specifico settore.
Ad esempio, l’ istituto di ricerca Yasutake Okano di Nomura ha individuato e suggerito , già in un rapporto di maggio del 2016, che altre leggi giapponesi avrebbero bisogno di essere aggiornate alla nuova tecnologia, tra cui il Testo Unico Bancario e degli strumenti finanziari e l’ Exchange Act.
Ma anche altri gruppi di ricerca in Giappone si stanno muovendo per individuare e sanare il gap normativo con la dirompente realtà delle criptovalute .
Seguendo un rapporto del Nikkei infatti, il Consiglio per gli Accounting Standards giapponese ha deciso all’inizio di questa settimana, di iniziare l’elaborazione di altre norme specifiche per le valute digitali come il Bitcoin. Questa decisione rispecchia e segue altre iniziative intraprese in altri paesi nel mondo, tra cui l’ Australia, che già alla fine dell’anno scorso ha iniziato a spingere per tali norme tese a regolamentare e dare una forma legale alle criptovalute e degli operatori in questo settore, nella direzione della salvaguardia del cittadino come utente e risparmiatore .
Come a dire che nelle democrazie avanzate a livell
o mondiale e diversamente dall’oppressiva Europa dei plutocrati, l’adeguamento legislativo alle nuove tecnologie passa principalmente per la tutela dei propri cittadini e non viceversa, di quella di una moneta imposta con la forza dai grandi gruppi bancari e finanziari che diventano poi braccio operativo per le esigenze statali/comunitarie di controllo dei cittadini con la scusa dell’ antiterrorismo, ma che di fatto sono invasive e limitative delle libertà individuali su modelli paragonabili solo a quelli di staliniana memoria o cinese. Gli Stati Uniti e il Regno Unito (vedi brexit) se ne sono accorti, anche grazie a casi e coraggiose denunce come quelle di Assange (Wikileaks) e Snowden , e stanno efficacemente prendendo le distanze da questa che assomiglia sempre meno ad un’ Unione di popoli e nazioni europee e sempre di più un Unione Socialista Sovietica delle Banche.
Grazie Gravilo per questa notiziona in anteprima!
La natura “anarchica” del bitcoin è la sua forza ma credo che allo stesso tempo sia anche il freno alla sua diffusione di massa.
Il “trustless” è il concetto in bitcoin che più mi seduce… e oggi tale assunzione è azzoppata nel momento in cui depositi momentaneamente le tue criptovalute in un exchange del quale, ahimé, ti tocca fidarti un pò alla cieca…!!!
Sapere che una nazione come il Giappone o l’Australia si interessino a rendere il sistema più fruibile e sicuro è una notizia decisamente incoraggiante per la sua diffusione.