Interessante articolo ed intervista a “HostFat” Franco Cimatti, presidente della Bitcoin Foundation Italia.
Ritengo che nessuno in ambito legislativo possa permettersi di inventarsi regole o di dare opinioni sull’argomento senza prima aver ascoltato la voce autorevole di chi realmente conosce cosa sia il fenomeno Bitcoin ed è partecipe di questa rivoluzione fin dagli inizi. Complimenti Franco!
Gavrilo
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October 24, 2014 // 12:17 PM CET
Cinque anni fa Bitcoin sembrava semplicemente lo sfizio per smanettoni ideato da un’entità ai limiti dell’ectoplasmatico di nome Satoshi Nakamoto. Le cose hanno iniziato a farsi interessanti quando sono nati i primi metodi di scambio, ma sopratutto dopo che nel maggio 2010 Laszlo Hanyecz, programmatore della Florida, decise di comprare due pizze molto care—che non avrebbe mai mangiato—dall’altra parte dell’oceano. Da quel momento in poi, la comunità intorno a Bitcoin comprese di avere a che fare con una moneta a tutti gli effetti.
Molti governi nazionali non hanno preso delle posizioni precise riguardo a questa moneta, anche se è piuttosto ovvio che questioni come la tassazione e il controllo delle transazioni li riguardino piuttosto da vicino. Nell’ultimo rapporto dell’Unità d’Informazione Finanziaria per l’Italia, che si occupa di “prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo,” la criptovaluta è citata con una certa preoccupazione:
L’interesse dell’Unità è stato pure rivolto al possibile uso per finalità illecite di monete virtuali: sono in corso approfondimenti sul potenziale di rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo dei Bitcoin, anche in considerazione di alcune segnalazioni di operazioni sospette ricevute su anomale compravendite di tale strumento e delle iniziative che si vanno definendo in sede internazionale.
Allora ho deciso di fare qualche domanda a Franco Cimatti, Presidente di Bitcoin Foundation Italia, per capire come fosse davvero la situazione nel Paese della carbonara e di Gomorra.
Motherboard: sul Deepweb i BitCoin sono quasi la moneta unica e il suo funzionamento è stato ampiamente testato. Qual è il prossimo passo che volete fare per estenderne le funzionalità?
Franco Cimatti: Chi opera nel deepweb è una stretta minoranza, con una buona capacità tecnica di base; per questo tipo di utenza l’uso di Bitcoin non è mai stato un problema. Il nostro obiettivo al momento è quello di rendere l’uso della tecnologia alla portata di tutti, come se si trattasse di guidare una macchina, che puoi guidare anche senza sapere niente di come funziona il motore.
In base a quale meccanismo viene deciso il prezzo della valuta?
Il prezzo del Bitcoin è il risultato della domanda e dell’offerta dei suoi utilizzatori, della fiducia che si ha nel sistema e nel suo futuro. Attualmente è molto volatile, perché il suo mercato è piccolo e basta veramente poco per far sbalzare il prezzo. Siamo in una situazione in cui tutti i suoi potenziali utilizzatori devono ancora capire bene cos’è e se vogliono usarlo davvero. Succede così per ogni nuova tecnologia dirompente. Più il mercato si espanderà, più il prezzo andrà a stabilizzarsi.
“Come funziona Bitcoin,” sottotitolato in italiano.
Quali vantaggi offre?
Il primo vantaggio è che abbatte le barriere territoriali e burocratiche. Ad esempio, per aprire un conto basta uno smartphone connesso a Internet, senza alcuna registrazione di dati personali. Il vostro smartphone, o il vostro computer a casa, il vostro portatile saranno la vostra banca. Le transazioni hanno costi quasi nulli, che non si basano sull’ammontare trasferito. Questo permette di inviare anche somme ingenti da una parte all’altra del mondo, in modo sicuro e per pochi centesimi.
Gli immigrati che hanno bisogno di inviare soldi a casa, per esempio, lo usano già.
Un altro vantaggio è che non si passa attraverso nessun ente remoto che preleva i soldi dal nostro conto. E se le banche sono dotate di enormi database con i dati sensibili degli utenti—spesso obiettivo di attacchi hacker—-con il Bitcoin questo non è possibile. Per avere accesso a tutti i dati bisognerebbe violare ogni computer di ogni utente.
Pochi sanno che da decenni più del 90% del denaro circolante è già digitale
Quindi una banca Bitcoin non può esistere…
Se intendiamo banca come luogo sicuro in cui mettere i propri soldi, con Bitcoin è possibile farlo. Ma i propri fondi non vengono dati in mano a terzi… è come metterli sotto al materasso, un materasso speciale connesso al resto del mondo. Perchè dare in mano a qualcun altro (una banca) i propri soldi, quando la tecnologia ci permette di farne a meno? Se si preferisce il vecchio sistema, si può semplicemente continuare a usarlo. Una banca Bitcoin in senso tradizionale non avrebbe alcun senso di esistere. Se però si intende banca come sistema di accesso ai mezzi più avanzati della finanza come azioni, bond e quant’altro, ci stanno ancora lavorando.
BitCoin Italia è collegato ad associazioni sovra-nazionali di BitCoin?
La Bitcoin Foundation Italia è attualmente legata alla Global Bitcoin Alliance, perché è considerato uno dei gruppi più aperti e trasparenti. Ma non siamo comunque chiusi a qualsiasi collaborazione per vari progetti con gruppi o associazioni che approvino e rispettino il nostro statuto.
Quali sono gli ostacoli principali per la diffusione di Bitcoin in Italia?
In Italia il principale ostacolo è la diffidenza per il digitale. Pochi sanno che da decenni più del 90% del denaro circolante è digitale e solo una minima parte di esso si trova sotto forma di moneta stampata. Nonostante ciò, nel nostro Paese quasi tutti, commercianti in primis, si fidano davvero poco del digitale. È un qualcosa che non possono vedere e toccare con mano, dal loro punto di vista è normale avere dei timori.
Questo è anche il risultato di certe campagne di terrorismo e mala informazione che fino a pochi anni fa si trovavano sui media più comuni, dove Internet veniva spesso dipinto come un completo Far West. L’altro aspetto è la grossa pressione fiscale. In una situazione di crisi come quella attuale, molti sono sfiduciati nei confronti del Governo e temono controlli. Hanno paura di multe e preferiscono non attirare l’attenzione utilizzando tecnologie innovative come il Bitcoin. Lo Stato dovrebbe cercare di calmare un po’ gli animi, sarebbe un peccato se l’Italia si trovasse indietro rispetto al resto del mondo per colpa della sfiducia nei confronti della politica.
L’uso di una criptovaluta è in qualche modo previsto dalla legge italiana?
No. Chi vuole usare i Bitcoin in Italia è ancora incerto su come comportarsi, se vuole essere pienamente corretto. Si tratta di una materia nuova su cui non è ancora stato legiferato in maniera specifica. Tuttavia, essendo una tecnologia senza barriere territoriali, ogni errore o “abuso di potere” da parte degli Stati avrebbe l’unico risultato di spostare altrove l’interesse di aziende e compratori. Questo è ad esempio ciò che sta avvenendo con la pessima BitLicense proposta nello stato di New York. Molti fornitori di servizi (anche su scala internazionale), hanno risposto semplicemente che chiuderanno le porte ai residenti in quello Stato.
La mia idea personalissima è che debba essere il mercato a risolvere i problemi, senza intromissioni statali.
Sarebbe un peccato se l’Italia si trovasse indietro rispetto al resto del mondo per colpa della sfiducia nei confronti della politica.
Ok, tutte le operazioni sono tracciate e accessibili, ma se gli account sono assolutamente anonimi, come fa lo Stato a controllare? Mi spiego: se il camorrista di turno versa dei soldi al suo fornitore di armi prendendo tutte le precauzioni del caso, come fa lo Stato a risalire alla sua identità?
Tutte le transazioni sono pubbliche sulla blockchain: indirizzi, orari, quantità …Questo vuol dire che se si trova una via d’inizio, c’è modo di seguire tutti gli spostamenti dei soldi fino ad arrivare all’ultima transazione. Lo stesso può appunto essere fatto al contrario, partendo da punto finale, cioè anche dalla transazione fatta da un sospetto fornitore di armi che fosse andato a prendersi un caffè.
Il barista (o la polizia), potrebbe controllare l’indirizzo da cui sono arrivati i Bitcoin, e risalire a tutta la ramificazione delle precedenti transazioni senza dover chiedere alcun permesso a banche o Stati. Il database è pubblico, e questo lavoro potrebbe farlo benissimo anche un computer.
Quello che manca ora allo Stato e alle forze dell’ordine è giusto lo sviluppo di un sistema/software per fare queste ricerche. Blockr, per esempio, è un servizio (dei tanti) che permette di interrogare il database della blockchain di Bitcoin sulle transazioni. Provate ad inserire un indirizzo Bitcoin che conoscete, e troverete tutte le transazioni effettuate. Del passaggio dei contanti non rimane nulla, mentre invece con le carte di credito/debito tutto passa per la nostra identità. I Bitcoin si trovano a metà fra le carte di credito e i contanti.
Siete in contatto con qualche movimento politico? Penso ai movimenti anti-euro come il M5S e la Lega Nord.
Essendo una tecnologia dirompente, è facile che trovi approvazione fra gli animi più ribelli, magari più giovani. Ma non è detto che questi ultimi abbiano realmente capito di che cosa si tratti. Comunque no, non mi è parso di percepire un grande interesse da parte dei due gruppi citati.
La comunità italiana che gira intorno a Bitcoin, comunque, è sede di un’ampia gamma di opinioni, spesso anche in contrasto fra loro.
Quali sono gli obiettivi futuri e cosa vi auspicate?
L’obiettivo principale è sicuramente informare, sia le persone comuni che le istituzioni. Altra cosa molto importante, in questo momento iniziale, è assicurarsi che non si formino cartelli o posizioni forti sul mercato.
I progetti migliori che potrebbero portare ad una maggiore diffusione del Bitcoin sono sicuramente quelli che abbattono i tempi e i costi di accesso all’acquisto e alla vendita di questa moneta.